Concita De Gregorio ha pubblicato per repubblica un articolo indecente, per essere gentili, che è stato criticato dalle associazioni e dai genitori con figli disabili e dalle persone con disabilità, perché nell’articolo le persone cerebrolese (definite nell’articolo in modo più dispregiativo), venivano associate ad un atto vandalico, eseguito da ragazzi influencer su una statua dell’ottocento.

Purtroppo il linguaggio offensivo non è venuto meno in questo articolo e tantomeno le scuse hanno riparato il disagio creato.

Perché le associazioni e le famiglie di figli disabili, nonché le persone con disabilità si sono sentite disgustate da quelle affermazioni? Perché non ci si aspetta da una persona intelligente e progressista, quale definivamo fino a qualche giorno fa la giornalista, che potesse fare uno scivolone così arduo e pericoloso, senza aver riflettuto sufficientemente sulle parole che notoriamente una giornalista scrupolosa dovrebbe dosare attentamente.

La scrittura veicola concetti, modi di essere, comportamenti di una società. Se su questo non si misurano accuratamente le affermazioni che si fanno, si crea un danno molto più difficile da cancellare e da riparare che una statua che è stata scheggiata o imbrattata.

Il problema di fondo, che anche le scuse non hanno riparato, è che la giornalista giustificandosi con l’affermazione: “il politicamente corretto sta paralizzando la sinistra”, ha confermato che per lei il suo pensiero, essendo nel contesto e libero, quale contesto e quale libertà non è chiaro, era attendibile, anche se la sua intenzione non era quella di offendere le persone con una diagnosi di cerebroleso.

Io credo profondamente che la C.De Gregorio conferma, con le sue assurde scuse, che in realtà quello che ha scritto è quello che pensa veramente. E cioè che dei ragazzi che hanno fatto un atto vandalico sono paragonabili a persone con una disabilità neurologica e che queste persone, a causa delle loro disabilità, sono quelle che potrebbero essere i potenziali autori di quegli atti vandalici. Come dire: se tu fossi neurologicamente una persona sana non potresti fare un atto vandalico. Ecco questo è il grande errore della Concita De Gregorio. Le persone con disabilità neurodegenerative o cognitive non hanno mai danneggiato monumenti e statue, non gli passa neanche l’idea né tantomeno possono farlo, perché ancora non hanno dappertutto accesso ai luoghi dell’arte. In questo modo sottintende che le persone sane non sarebbero mai autori di atti vandalici.

Vorrei ricordare che sono proprio quelle persone che lei considera sane, perché lei le considera sane solo perché non hanno ricevuto una diagnosi di disturbo neurologico, che spesso nella noia dell’avere tutto si permettono di fare azioni molto gravi. Il bullismo e gli atti di violenza gratuita sono spesso stati eseguiti da figli di famiglie benestanti e perfettamente in salute. Quindi come dire non esiste una casistica diagnostica per essere criminali o essere gli autori di atti di vandalismo.

Il problema dell’articolo è che questa associazione non si fonda su alcuna base empirica. Scrive e si giustifica con: “Autorevolissimi pensatori e filosofi, financo semplici scrittori lo hanno spiegato prima di me”. Cioè cerca la scappatoia nel passato come se il progresso evolutivo del linguaggio e le battaglie che le associazioni e le persone con disabilità hanno fatto finora, per acquisire diritti e dignità, non avessero cercato di modificare un pensiero che nel passato ne negava l’esistenza. Il riferimento al passato lo fa anche quando dice: “..in un tempo non cosi remoto sarebbero stati alle differenziali…“. Come dire: sarebbe meglio se le scuole differenziali venissero di nuovo aperte per farle frequentare a questi ragazzi poco attenti ai beni culturali. In questo incalza il pensiero conservatore di destra che non aspettano altro che l’occasione per dar vita di nuovo alle scuole differenziali. Tra l’altro quei ragazzi sono tedeschi e qui le scuole speciali esistono ancora.

Non vuole vedere che associare le persone con disabilità alle carenze delle persone ha un significato profondo di disprezzo che non va alimentato in nessun contesto. Non perché bisogna essere politicamente corretti, ma perché sono affermazioni dispregiative che non aiutano a progredire, ma riportano ad un passato a cui lei fa spesso riferimento nel suo articolo.

Purtroppo ancora molta strada dobbiamo fare, tutti*e, per modificare l’atteggiamento mentale e far capire alle nuove generazioni, e non solo, laddove si è offensivi.

Migliorare il contesto per renderlo empatico e rispettoso nei confronti di tutti*e, con tutte le differenze che il mondo ci presenta ogni giorno, e di cui vorremmo esserne fieri, è il compito delle associazioni e degli educatori che si battono per ridare dignità alle persone che se la devono sudare con i denti e con la rabbia.

Ma vorremmo avere anche il sostegno delle persone del mondo della cultura, quellle intelligenti e sensibili, che scrivono articoli, e che prima di pubblicarli imparino a non fare uso di paragoni insensati per ottenere visibilità.

Amelia Massetti

Presidente Artemisia e.V.

Share This